Un progetto universitario sottolinea l’importanza delle competenze relazionali dei prof per l’apprendimento degli studenti

Le competenze relazionali dei professori hanno un ruolo cruciale per l’apprendimento degli studenti. E’ quanto emerge da OpenTeQ, il progetto di ricerca dell’Università Bicocca e dell’Università Cattolica

Migliori punteggi nei test INVALSI, voti più alti e alunni più motivati se l’insegnante è empatico in classe e collaborativo con i colleghi. È quanto emerso dal progetto di ricerca OpenTeQ (Opening the black box of Teacher Quality) dell’Università di Milano-Bicocca e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, volto a indagare quanto le competenze relazionali degli insegnanti siano un fattore alla base della qualità dell’insegnamento e se sia possibile accrescerle attraverso iniziative di formazione.

La ricerca, basata su una sperimentazione controllata, ha coinvolto 198 scuole secondarie di primo grado, distribuite in 11 province italiane e, già nel primo anno, circa 3mila insegnanti, prevalentemente di italiano e matematica. A loro è stato consegnato un libretto contenente moltissimi suggerimenti pratici – resi in stile colloquiale – per affrontare più efficacemente i problemi relazionali con i quali si confrontano quotidianamente nella scuola.

Per la stesura del libretto, i ricercatori hanno raccolto suggerimenti sull’insegnamento e sull’educazione disponibili a livello nazionale e internazionale, selezionati non solo dalla letteratura scientifica, ma anche dai principali blog di riferimento nel panorama educativo e da un ampio insieme di interviste in profondità con insegnanti di lungo corso. Gli insegnanti stessi hanno contribuito a produrre la formazione, grazie alla valorizzazione della loro esperienza. Ogni tema trattato nel libretto è corredato anche da un breve video, disponibile sulla piattaforma online dedicata al progetto: www.openteq.it.

L’indagine ha dimostrato sperimentalmente che le competenze relazionali degli insegnanti sono cruciali per l’apprendimento dei loro studenti. Grazie alla stimolazione della collaborazione tra gli insegnanti – che hanno apprezzato il libretto – si sono osservati diversi risultati positivi. Da un lato, l’aumento dell’autoefficacia degli insegnanti (+4 per cento) ovvero la loro percezione di saper ottenere l’impegno degli studenti e gestire la classe in modo funzionale; dall’altro il potenziamento della motivazione allo studio degli studenti di queste classi e il conseguimento di punteggi migliori nei test INVALSI (+3,1 per cento test di italiano e +4,5 per cento test di matematica). Tra questi studenti, inoltre, è stato registrato un tasso di promozione più alto dell’1 per cento. L’esperimento ha mostrato anche come i benefici siano stati più intensi nelle scuole in cui il libretto era stato distribuito secondo una logica di attivazione dell’intero collegio docenti, rispetto alle scuole in cui il libretto era stato consegnato individualmente agli insegnanti.

 

«Abbiamo analizzato scientificamente non solo la centralità della dimensione relazionale nell’insegnamento, ma soprattutto che è possibile fare molto in questa direzione attivando lo scambio comunitario tra docenti nelle scuole – dichiara Gianluca Argentin, coordinatore del progetto condotto in Università Cattolica e ricercatore del dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca. Serve quindi investire sulla collaborazione tra insegnanti, come fatto anche nel nostro progetto, quale importante leva formativa. È necessario adottare politiche che rendano le comunità scolastiche più coese, collaborative e persistenti da un anno scolastico all’altro. La scuola italiana purtroppo è stata speso gestita in direzione opposta».

«La partecipazione attiva degli insegnanti è stata un valore aggiunto – osserva Tiziano Gerosa, assegnista di ricerca del dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca – la collaborazione scuola-università ha prodotto benefici sia per i ricercatori sia per gli insegnanti, che si sono riflessi sugli studenti».

 

L’iniziativa è stata finanziata e promossa dal MIUR all’interno del progetto SIR (Scientific Independence of Young Researchers – codice RBSI14G0W4).

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