A due anni dal concept-album “Nella bocca della tigre” (che sorprese tutti per la collaborazione con Mina) arriva “La Freschezza del Marcio”, il settimo disco di Mondo Marcio
Pensato, concepito, suonato e prodotto tra Milano, Londra e New York, “La freschezza del Marcio” è il nuovo album di Mondo Marcio. Che ce ne ha parlato così.
Mondo Marcio: l’intervista
Bentrovato. Dove eravamo rimasti?
Nel 2006 con “Solo un uomo” ho imposto la mia musica a livello mainstream. Non c’era un precedente di questo tipo, c’era il rap ‘di una volta’. Io ho fatto scalpore perchè l’hip hop era la nicchia della nicchia della nicchia. Ho raggiunto la fama senza una struttura dietro, che è anche bello perché dimostra che non c’era costruzione in quello che facevo. Ma non avevo nemmeno un manager, dovevo crearmi una struttura alle spalle. Ci sono voluti un po’ di anni per realizzarla, poi sono ripartito.
Il disco che hai pubblicato in questi giorni si intitola “La freschezza del Marcio”.
Musicalmente c’è stata una grande ricerca per farlo. Mi spiego: abbiamo cercato la musica, non i producer di fama. La priorità per me era proporre qualcosa che non si sente oggi in Italia. Ho la fortuna di essere un artista, non ce l’ho un lavoro vero, nel senso che faccio quello che mi piace. Quindi, per uccidere la noia ho cercato questa musica.
La noia?
Esattamente. Un brano è nato da una jam session pomeridiana a Los Angeles, totalmente libera. Poi, a New York, il brano “La freschezza del Marcio” è venuto fuori sentendo alla tv le canzoni anni ’70 di “Starsky & Hutch” (era notte e non dormivo per via del jet lag), che ho voluto riportare al 2016.
Cosa rappresenta per te questo album?
Racconto la vita che sto vivendo, con più coraggio rispetto al passato perchè mostro parti più umane e vulnerabili di me. Questa è la fotografia di una persona, non di un personaggio. Dal punto di vista autorale è stato come togliersi una maschera. O la maglietta, come ho fatto per la copertina. Lo sguardo è dubbioso perché questo è un test.
Cosa intendi con ‘freschezza’?
Freschezza è fregarsene di cosa vuole la gente, la rincorsa ai like e ai mi piace ci ossessiona. Io dico: fai quello che ti stimola. Come diceva Picasso, la cosa più difficile da fare da adulti è tornare bambini.
Quanta freschezza senti nella musica italiana?
Di fresco non c’è tantissimo. L’Italia soffre di insicurezza artistica e culturale, per importi devi arrivare dall’estero o devi passare da certe vetrine che hanno l’approvazione di tutti. Tantissimi artisti per questi motivi non riescono a emergere, anche se bravissimi. Quando hanno iniziato Renato Zero o Lucio Dalla era diverso. Ma pensiamoci: la cosa peggiore che ti possa capitare è di non piacere. Invece oggi vali quanto vale il tuo ultimo singolo, anche se hai alle spalle una carriera di 20 anni.
Parli di vetrine: non parteciperesti al Festival di Sanremo o a un talent show come giudice?
Parteciperei all’uno e agli altri: è quello che fai e come lo fai che ti definisce, non è il contesto in cui lo propoponi. Ma comunque talent e Festival vanno fatti al momento giusto: non tutta la visibilità è necessariamente un ‘più’. Per adesso sto bene dove sto.
Il rap sta andando forte oggi…
E’ ovunque, ma tra qualche anno sarà rimasto chi ha qualcosa da dire.
Altri progetti?
Sì, sta per essere pubblicato il mio libro “La città fantasma”. E’ un romanzo che ho scritto perché non riuscivo a dormire, tre anni fa. Penso che questo si possa ricondurre alla noia di cui parlavo prima.
Intanto, Mondo Marcio non avrà modo di annoiarsi per un po’: è impegnato fino al 29 marzo nell’instore tour di presentazione del disco.