Comacchio, nave fluviale del V secolo studiata da archeologi e tecnologia 3D

Team di studiosi di Ca’ Foscari e IUAV hanno impiegato fotogrammetria e scanner laser nella seconda campagna di scavo

Risale al V secolo, in origine era  lunga 20 metri, aveva fondo piatto e sezione rettangolare l’imbarcazione fluviale straordinariamente conservata che gli archeologi stanno portando alla luce nei pressi di Comacchio (Ferrara) e stanno studiando anche utilizzando la fotogrammetria 3D.

Si è appena conclusa la seconda campagna di scavo archeologico sul relitto scoperto dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna in località Valle  Pega. L’imbarcazione giace a pochi metri dalla pieve fondata nella metà del VI secolo di Santa Maria in Padovetere e all’interno dell’antico alveo del fiume da cui ha preso nome questo edificio.

Lo scavo, condotto dalla Soprintendenza, con la direzione di Mario Cesarano, ha visto la presenza costante, come archeologi navali, di Elisa Costa, assegnista dell’università IUAV e di Carlo Beltrame, docente di Archeologia marittima del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Ca’ Foscari Venezia, assieme a studenti di archeologia cafoscarini.

Il relitto, conservato in buone condizioni specialmente a poppa e sul fianco sinistro, è stato oggetto di una documentazione sia fotogrammetrica sia con laser scanner grazie alla collaborazione del laboratorio di fotogrammetria diretto da Francesco Guerra dello IUAV.

Le prime osservazioni tecniche effettuate sullo scafo hanno permesso di riconoscere nel relitto un’imbarcazione a fondo piatto, a sezione rettangolare con asta di poppa molto alta, originariamente lunga oltre 20 metri e costruita con la tecnica a cucitura. La barca appartiene ad una tradizione costruttiva di età romana e altomedievale che ha interessato solo l’area alto adriatica (sia occidentale che orientale) e che, come dimostrato anche in questo caso dalle prime analisi xilotomiche effettuate, faceva uso perlopiù di legno di quercia e olmo, essenze diffuse in passato lungo il litorale dell’Alto Adriatico italiano.

L’imbarcazione, assicurano gli studiosi, è un unicum assoluto sia per il livello di conservazione sia per la particolarissima tipologia riconoscibile peraltro in alcuni rilievi di età romana di area germanica. Lo scafo doveva essere impiegato prima dell’inizio del V  secolo d.C. lungo gli antichi rami del Po e forse lungo i canali artificiali scavati per permettere il collegamento nord-sud tra i corsi naturali, quali la fossa Augusta, per grossi trasporti di mercanzie dalla costa a città dell’entroterra come Ferrara.

In collaborazione con la Soprintendenza e lo IUAV, il progetto ora proseguirà con lo studio ricostruttivo in ambiente 3D dell’imbarcazione e con l’esecuzione di ulteriori analisi del legno, degli spalmi e del cordame. Lo studio si confronterà anche con le analisi territoriali eseguite di recente nell’area dal gruppo di ricerca di Sauro Gelichi, docente di Archeologia medievale del Dipartimento di Studi Umanistici di Ca’ Foscari.

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