Maurizio Cheli e la fisiologia dello spazio

Un incontro ravvicinato da fare venire le vertigini. Il corso di laurea di Scienze Motorie di Verona ospiterà l’astronauta Maurizio Cheli, nell’ambito della giornata di studio dedicata alla fisiologia dello spazio, in programma il prossimo 23 ottobre

Maurizio Cheli

4500 ore di volo, 380 di attività spaziale, l’emiliano Cheli, nativo di Zocca nel modenese, è stato il primo astronauta italiano ad avere il ruolo di mission specialist durante la missione Nasa Sts-75. Era il febbraio del 1996 quando, a bordo dello Space Shuttle Columbia, Cheli effettua il suo primo volo spaziale, insieme a un equipaggio che vedeva Umberto Guidoni ricoprire il ruolo di payload specialist, portando in orbita il satellite a guinzaglio: Tethered. Il famoso filo conduttore di circa venti chilometri che si è rotto ed è andato perso, ma che comunque ha dimostrato la possibilità di produrre corrente elettrica, fungendo da dinamo naturale. Un’esperienza che segna in modo decisivo la carriera aeronautica di Cheli, che diventa nel giro di un paio di anni Capo Pilota Collaudatore per velivoli da combattimento tra cui l’Eurofighter Typhoon, in dotazione all’Aeronautica Militare Italiana. Un appuntamento da non perdere se si desidera ascoltare dal vivo l’emozionante racconto dell’esperienza spaziale, interagendo con l’astronauta in modo diretto, rivolgendogli domande e soddisfacendo curiosità per favorire e arricchire una narrazione che ha dello straordinario. Francesca Vitali a porre a Cheli la prima domanda, permettendoci di entrare da subito nell’atmosfera di uno spazio tutto da conoscere.

Il convegno

L’incontro con Cheli avverrà nel contesto del convegno organizzato da Carlo Capelli ordinario di Fisiologia del dipartimento di Scienze neurologiche e del movimento. Un evento nell’evento quindi. Prima di avere il piacere di ascoltare Cheli, il pubblico potrà assistere a tre interventi che avranno come filo conduttore gli effetti della microgravità nell’uomo. Guido Ferretti dell’Università di Brescia guiderà il pubblico alla scoperta degli adattamenti cardiovascolari mentre Carlo Reggiani dell’ateneo di Padova ci aiuterà a comprendere le risposte muscolari indotte dalla microgravità. Ai loro importanti contributi scientifici, seguirà la presentazione, da parte di Paolo Bruseghini e di Enrico Tam dei risultati del progetto A-fit.

Progetto A-fit

Il contributo di Verona. Il progetto internazionale A-fit (http://www.afit.se), Astronaut exercise prescriptions promoting health and fitness on Earth, è promosso e finanziato dall’Esa, l’European Space Agency, e coordinato dal Karolinska Institutet. Il laboratorio di Fisiologia dell’Esercizio del dipartimento di Scienze Neurologiche e del Movimento dell’Università di Verona è responsabile del sottoprogetto Cardiovascular and skeletal muscle responses to chronic concurrent exercise using flywheel technology in old men, guidato da Capelli con il supporto di un nutrito gruppo di ricercatori di Scienze Motorie. La ricerca si propone di analizzare le risposte muscolari e cardiovascolari in anziani maschi che si allenano tre volte la settimana, sotto la supervisione di personale qualificato. Il programma prevede due tipi di allenamento differenti, ma entrambi pensati per contrastare gli effetti della microgravità, riducendo la possibilità di incorrere in patologie cardiovascolari. Dopo un intenso e proficuo lavoro, il 23 ottobre verranno presentati i primi importanti risultati della sperimentazione. «Partendo dalle evidenze scientifiche che convalidano l’efficacia della metodologia da noi proposta – spiega Bruseghini – è fondamentale mettere in evidenza i molti benefici ed i miglioramenti che questa attività ha apportato alla qualità della vita dei soggetti coinvolti nella ricerca». Al progetto, attuato anche con la collaborazione di Elisa Calabria e di Silvia Pogliaghi, fornisce un apporto specifico per gli studi muscolari Federico Schena, docente di Scienze Motorie.

 

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