Ocse: brutto voto al sistema istruzione italiano

Dal quadro illustrato dall’Ocse emergono le deficienze del sistema scuola italiano: prof vecchi, poca connessione scuola-lavoro, salari bassi, basse quote rosa
Nel «Education at a Glance 2012» l’Ocse bacchetta l’Italia sulla qualità del suo sistema scolastico. Sono molte le lacune messe in evidenza dall’organo internazionale e per la maggior parte di esse una soluzione sembra ancora molto lontana.
La spesa pubblica per la scuola in Italia nel 2009 è stata pari al 4,7% del Pil a fronte di media Ocse del 5,8%. È la seconda più bassa dopo il Giappone. Rispetto al resto d’Europa, in Italia si spende molto di più per asili ed elementari e poco o nulla per l’università, dove il gettito cala a 9.562 euro a studente contro la media di 13.728.
L’Università italiana, come già sottolineato dal ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, non prepara al mondo del lavoro: la laurea non garantisce un impiego. Il tasso di occupazione è sceso tra il 2002 e il 2010 dall’82,2% al 78,3% per i laureati (25-64 anni) mentre per gli adulti diplomati è rimasto stabile (72,3% nel 2002, 72,6% nel 2010). Le differenze di retribuzioni tra laureati e diplomati sono meno consistenti tra i laureati giovani che tra quelli più grandi. In più ci si laurea di meno che nel resto del Continente.
Altro problema di cui si discute da anni è il ricambio generazionale. Il 58% dei docenti della secondaria ha più di 50 anni e solo il 10% ne ha meno di 40. La percentuale dei docenti sotto i 30 è dello 0,5%. I docenti italiani sono anche i peggio pagati e devono gestire troppi studenti. Infine nel 2010 il tasso d’inattività tra i giovani tra i 15 e i 29 anni era del 23%, la quinta percentuale più alta tra i Paesi Ocse e costantemente in crescita negli ultimi 30 anni.«Non resta che andare avanti nel colmare le lacune messe in evidenza» ha dichiarato Profumo.

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