Due studi aprono nuove strade nella definizione dei disturbi comunicativi dei bambini autistici
Due studi permettono di aprire una nuova strada nel tentativo di definire i fattori alla base delle caratteristiche dei bambini autistici

Due studi aprono nuove strade nella definizione dei disturbi comunicativi dei bambini autistici

Due studi permettono di aprire una nuova strada nel tentativo di definire i fattori alla base delle caratteristiche dei bambini autistici

I due articoli, pubblicati su due prestigiose riviste internazionali (Frontiers in Psychology e Journal of Neurolinguistics), sono il frutto della collaborazione fra Università di Udine (Andrea Marini), Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma (Giovanni Valeri, Stefano Vicari, Rita Magni) e Università di Roma Tre (Francesco Ferretti, Ines Adornetti, Alessandra Chiera e Serena Nicchiarelli).

 

«Abbiamo svolto due studi volti a indagare – sintetizza Andrea Marini, del Dipartimento di Lingue e Letterature, Comunicazione, Formazione e Società dell’ateneo friulano – una delle possibili cause delle difficoltà incontrate in bambini con disturbi dello spettro autistico nella produzione di discorsi facili da “gestire” da parte dei loro interlocutori».

 

I disturbi spesso osservati in persone con disturbi dello spettro autistico nel produrre discorsi dotati di una loro coerenza interna «sono stati in genere ricondotti – spiega Marini – a difficoltà nel gestire le interazioni sociali o a difficoltà nel focalizzarsi sui dettagli a scapito delle informazioni importanti».

I due studi (il primo su 66 bambini con autismo, il secondo con 77 bambini con questi disturbi) «hanno dimostrato per la prima volta – conclude Marini – che tali difficoltà nel produrre discorsi narrativi coerenti possano dipendere almeno in parte da una incapacità di viaggiare mentalmente nel tempo. Inoltre, questi due studi suggeriscono, per la prima volta, una relazione tra una abilità cognitiva molto complessa (la capacità di viaggiare mentalmente nel tempo, appunto) e la capacità di generare discorsi anche nei bambini a normale sviluppo».

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