Il cervello femminile è uno scudo contro l’autismo

Tra le donne l’autismo sarebbe meno diffuso perché il cervello femminile è più socialmente orientato a comprendere lo stato emotivo e mentale altrui. È il risultato di uno studio del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca pubblicato su Social Cognitive and Affective Neuroscience

Il cervello femminile è uno scudo contro l’autismo

 

Il cervello delle donne è più bravo a riconoscere il linguaggio del corpo. Anche senza vedere le espressioni facciali. Lo studio, pubblicato sulla rivista Social Cognitive and Affective Neuroscience, intitolato “How face blurring affects body language processing of static gestures in women and men”, potrebbe contribuire a spiegare la minore incidenza dell’autismo tra le donne (il rapporto con la popolazione maschile è di 1:4/5). I ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, coordinati da Alice Mado Proverbio, docente di Neuroscienze cognitive dei processi sociali ed affettivi, hanno analizzato come una codifica insufficiente del volto interferisca nella comprensione della gestualità e hanno dimostrato che le donne sono più resistenti alla mancanza di informazioni sul viso e comprendono meglio il linguaggio del corpo.

I ricercatori del Bicocca ERPlab hanno mostrato 800 fotografie ritraenti 6 diversi attori e attrici nell’atto di comunicare attraverso gesti simbolici familiari di vario tipo: deittici (l’indicazione di una direzione), iconici (il dito picchia sul polso opposto ad indicare che il tempo passa su un orologio immaginario) o emblematici (indice e medio formano una V a indicare ‘pace’). In metà delle foto l’espressione facciale dell’attore era stata oscurata.

Nascondendo le immagini delle informazioni facciali, i ricercatori hanno simulato la mancanza di input che si osserva in pazienti con disturbo dello spettro autistico (ASD), che tipicamente evitano di fissare gli occhi e di guardare in faccia le persone, probabilmente per evitare di sovreccitare l’amigdala (il centro della paura). L’esperimento consisteva nello stabilire se l’immagine mostrata era correttamente associata al significato del gesto (ad esempio “Brrr, che freddo!” nella foto n°1): metà delle volte non lo era (foto n°2).

I ricercatori hanno osservato tempi di risposta più rapidi nelle donne rispetto agli uomini, e in questi ultimi le risposte erano anche più lente nel caso di incongruenza dello stimolo. L’oscuramento del volto non influenzava l’accuratezza delle donne, né riduceva i loro potenziali bio-elettrici cognitivi mentre procurava uno svantaggio nel genere maschile (foto n°3).

La presenza del volto umano (in entrambi i generi) attivava specificamente il giro temporale superiore e il giro fusiforme, la corteccia cingolata e l’insula. Queste regioni sono state descritte come insufficientemente attivate in individui che evitano di guardare il viso (pazienti ASD) e presentano deficit sociali. Complessivamente, i risultati confermano l’ipotesi che le femmine siano più resistenti alla mancanza di informazioni sul viso o predisposte a una migliore comprensione del linguaggio del corpo in informazioni sociali quando non è visibile il volto.

 

«Osservando il comportamento e le risposte bioelettriche cerebrali di 15 maschi e 16 femmine – spiega la professoressa Alice Mado Proverbio -, sono state studiati gli effetti della deprivazione facciale in persone con un gradiente diverso del tratto autistico/empatico, che secondo la “teoria del cervello maschile estremo” di Baron-Cohen vedrebbe i maschi collocarsi all’estremità del versante dell’autismo e le femmine su quello dell’empatia. Lo studio è un ulteriore passo verso la comprensione delle basi neurobiologiche dell’autismo, e delle sue diverse manifestazioni nei due generi sessuali».

 

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