Si intitola “Folfiri o folfox” il nuovo album degli Afterhours, arrivato quattro anni dopo “Padania”
Se leggendo il titolo “Folfiri o folfox” siete andati a cercare su Google, la risposta che avrete avuto sarà stata ‘terapia oncologia’. Già, sono i nomi di due farmaci chemioterapici quelli che compongono il titolo del nuovo disco degli Afterhours, che parla di morte e di rinascita. Soprattutto di rinascita. La presentazione dell’album scritta da Manuel Agnelli, autore testi delle canzoni, non per niente si chiude con questa frase: “Voglio essere felice e non me ne frega più un cazzo se è la cosa più banale del mondo”.Afterhours: l’intervista
“Folfiri o folofox” è un disco denso, pieno di cose…
Siamo tornati dopo 4 anni (e un cambio di line-up, nda) raccontando quello che è successo a me e che succede a molti di noi (racconta Manuel Angelli). Noi facciamo dischi quando abbiamo qualcosa da dire, e usiamo un linguaggio che magari gli altri fanno un po’ più fatica ad usare. Questo non è solo un disco estetico, ma è di contenuto: racconta la nostra storia. E a tratti lo fa in maniera ostica, ma non oscura.
Ci spiegate meglio?
Il disco è immediato e comunicativo, più caldo di “Padania”, che era un album ‘congelato’. “Folfiri o folfox” ci tocca in maniera molto più profonda (Agnelli ha perso suo padre, nda) e speriamo che tocchi anche chi lo ascolta. Parliamo di cose molto precise, ma non è un album sinistro: c’è molta voglia di reagire. La musica (spiega Manuel) mi ha aiutato tanto a scrivere i testi – nati in un secondo tempo – lasciandomi la libertà di essere pesante dove volevo esserlo. Il disco non è l’elaborazione di un lutto ma un invito alla reazione… se no le cose brutte sono inutili.
È stata un’operazione di introspezione scrivere “Folfiri o Folfox”?
[Risponde Manuel Agnelli] Io mi sono ritrovato bambino abbandonato, e allo stesso tempo definitivamente adulto. La musica, suonare, scrivere pezzi, è una forma di autoanalisi e serve a espellere le tossine. Raramente abbiamo fatto pezzi allegri nella nostra carriera perché la musica per noi è una liberazione dal dolore, e niente, nè soldi nè vendite nè fama, ha la stessa potenza liberatoria.Manuel, inevitabile chiederti del tuo ruolo di giudice a X Factor.
Siamo andati a Sanremo, una cosa molto più fuori collocazione rispetto a X Factor. A me piace il pop, ma per noi fare certe cose non è accettabile perchè non rientrano nell’immaginario che le persone hanno di noi: questo è uno dei limiti da cui vorrei uscire. Gli After fanno tutto liberamente, non capiamo la critica ‘questa cosa non vi riguarda’. Il nostro ruolo è portare la nostra visione e la nostra attitudine a più gente possibile, con un linguaggio molto preciso.
Dirai queste cose a X Factor?
Le ho già dette. Lì ho molta più libertà di quella che si possa pensare. Mi hanno chiamato per portare in quel contesto la mia visione della musica, e io credo che questi posti vadano occupati proprio per presentare le proprie idee. A X Factor hanno avuto le palle di chiamarmi, sono un rischio perché potrei essere non adatto e fuoriluogo, non sono un personaggio tv: ma è una figata, essere lì è quello che voglio. Mi criticano per questo? Non mi fa paura la contestazione, anzi è doverosa.
Il tour degli Afterhours partirà da Genova l’8 luglio, dal Goa Boa Festival.